Avete sentito parlare di TTIP? No, probabilmente no, perché le trattative sono fatte a porte chiuse, in gran segreto, all’insaputa non solo dei cittadini europei ma anche del lo stesso Parlamento europeo. Ma se il trattato economico che si nasconde dietro la sigla TTIP (Transatlantic Free Trade Agreement) verrà ratificato fra USA e Unione Europea avrà un impatto dirompente nella vita quotidiana di tutti noi.
L’obiettivo dichiarato del TTIP è quello di eliminare le barriere per favorire il libero commercio e gli investimenti fra UE e USA. Di fatto, non si tratta tanto di diminuire le tariffe, già quasi nulle, bensì di eliminare le “barriere normative” sociali e ambientali che limitano profitti potenzialmente realizzabili dalle società transnazionali.
Dai pochissimi documenti trapelati sul TTIP emerge che se dovesse andare avanti la trattativa su queste basi, grazie al tentativo di “armonizzazione” transatlantica, si ridurrebbero gli standard di salute e di sicurezza, si forzerebbero i diritti sociali e dei lavoratori in una corsa verso il basso, sarebbe minata l’autorità dei governi nazionali e locali (che impediscono pratiche commerciali pericolose come il fracking o l’uso di OGM) e si indurrebbe la vendita di servizi pubblici essenziali. Per di più, le multinazionali avrebbero diritto esclusivo di citare prioritariamente in giudizio i governi tramite tribunali internazionali indipendenti dai sistemi giuridici nazionali ed europei (strumento denominato ISDS, all’interno del TTIP).
La grande novità infatti sta nel fatto che grandi multinazionali e lobbies diventano i protagonisti politici attivi di questa trattativa, non più “relegate” ad un ruolo di influenza e pressione esterna sulle istituzioni politiche, bensì sedute a pieno titolo e in posizione privilegiata nei tavoli di negoziazione.
Il trattato è ancora in fase di discussione. Per alcuni addetti ai lavori che stanno seguendo i negoziati, il TTIP «prevede che le legislazioni di Stati Uniti ed Europa si pieghino alle regole del libero scambio stabilite da e per le grandi aziende europee e statunitensi», per altri faciliterebbe i rapporti commerciali tra Europa e Stati Uniti portando opportunità economiche, sviluppo, un aumento delle esportazioni e anche dell’occupazione. È di questo parere Renzi, che a metà ottobre ha affermato che “ogni giorno che passa è un giorno perso: il semestre italiano può essere l’occasione per un salto di qualità e uno scatto in avanti” nell’accordo TTIP tra Ue e Usa.
In pericolo ci sono beni e valori come cibo, acqua, terra, energia, giustizia sociale.
Proviamo ad andare nello specifico:
- Sicurezza alimentare: le norme europee su pesticidi, OGM, carne agli ormoni e più in generale sulla qualità degli alimenti, più restrittive di quelle americane e internazionali, potrebbero essere condannate come “barriere commerciali illegali”
- Acqua ed energia, Servizi pubblici: i negoziati sono orientati alla privatizzazione dei servizi pubblici quindi secondo i critici si rischia la loro progressiva scomparsa. Sarebbe a rischio il welfare e settori come l’acqua, l’elettricità, l’educazione e la salute sarebbero esposti alla libera concorrenza
- Democrazia: il trattato impedirebbe qualsiasi possibilità di scelta autonoma degli Stati in campo economico, sociale, ambientale, provocando la più completa esautorazione di ogni intervento da parte degli enti locali
- Gas di scisto: il fracking, ad esempio bandito in Francia per rischi ambientali, potrebbe diventare una pratica tutelata dal diritto. Le compagnie estrattive interessate ad operare in questo settore potrebbero chiedere risarcimenti agli Stati che ne impediscono l’utilizzo. In questo modo si violerebbe il principio di precauzione sancito dall’Unione Europea, incentivando iniziative economiche che mettono in pericolo la salute umana, animale e vegetale, nonché la protezione dell’ambiente
- Biocombustibili: il TTIP attraverso l’armonizzazione delle normative europee in ambito energetico, incentiverebbe l’importazione di biomasse americane che non rispettano i limiti minimi di emissione di gas a effetto serra e altri criteri di sostenibilità ambientale
- Diritti del lavoro: i paesi dell’UE hanno adottato le normative dell’Organizzazione dell’ONU che si occupa di lavoro (l’ILO), gli Stati Uniti hanno ratificato solo due delle otto norme fondamentali. Quindi si rischierebbe di minacciare i diritti fondamentali dei lavoratori
- Finanza: il trattato comporterebbe l’impossibilità di qualsivoglia controllo sui movimenti di capitali e sulla speculazione bancaria e finanziaria
- Libertà e internet: i giganti della rete cercherebbero di indebolire le normative europee di protezione dei dati personali per ridurli al livello quasi inesistente degli USA, autorizzando in questo modo un accesso incontrastato alla privacy dei cittadini da parte delle imprese private
- Brevetti e proprietà intellettuale: la difesa dei diritti di proprietà delle imprese sui brevetti metterebbe a rischio la disponibilità di beni essenziali, quali ad esempio i medicinali generici. Così come la difesa dei diritti di proprietà intellettuale possono limitare la diffusione della conoscenza e delle espressioni artistiche
Con le misure proposte dal TTIP per la protezione degli investitori, qualsiasi peggioramento (per l’investitore) delle condizioni contrattuali può dar luogo a richieste di risarcimento. Le aziende potrebbero insomma opporsi alle politiche sanitarie, ambientali, di regolamentazione della finanza o altro attivate nei singoli paesi reclamando interessi davanti a tribunali terzi, qualora la legislazione di quei singoli paesi riducesse i loro futuri profitti.
Qualche esempio di casi già accaduti?
La società francese Veolia, che ha in gestione lo smaltimento dei rifiuti ad Alessandria d’Egitto, ha fatto causa allo stato egiziano perché ha aumentato i salari del settore pubblico e privato al tasso d’inflazione, e questo ha compresso i propri margini di profitto.
La multinazionale svedese dell’energia Vattenfall ha citato in giudizio il governo tedesco, chiedendo 3,7 miliardi di euro di risarcimenti per mancati profitti relativi a due suoi impianti nucleari, in seguito alla decisione del governo tedesco di abbandonare la produzione di energia nucleare dopo il disastro di Fukushima.
La Philip Morris ha citato in giudizio sia l’Uruguay sia l’Australia colpevoli di aver emanato leggi anti-fumo più restrittive.
Come potete capire, qualsiasi azione governativa che puntasse, ad esempio, a salvaguardare l’ambiente, la salute pubblica, i beni comuni (come l’acqua e l’energia) ma andasse a erodere il margine di profitto delle multinazionali coinvolte potrebbe venire impugnata (e vinta) dalla multinazionale.
Perché, nel caso di diatriba tra uno stato nazionale ed una multinazionale, grazie alla clausola ISDS, Investor-State Dispute Settlement, non ci si rivolgerebbe ad un tribunale nazionale bensì ad un arbitrato internazionale, in cui uno degli arbitri è scelto dalla multinazionale, uno dallo stato ed il terzo congiuntamente (ad oggi, gli arbitri sono una cinquantina in tutto).
Contro il trattato è nata la campagna internazionale STOP TTIP che prevede una raccolta di firme per far arrivare la nostra voce al Parlamento europeo.
In rete si trova tanto materiale per approfondire il tema fra cui segnaliamo:
- Quaderno n. 7 di Attac Torino (http://www.attactorino.org/)
- Puntata di Report del 19/10/2014
- Articolo de Il Post
Ilaria (&Pablo &Lucio)